Un articolo che mette in discussione modi e regole testè approvate dalla Regione Friuli Venenzia Giulia in tena di cultura a firma di Gabriella Valera.
Riflessione:
Delle volte mi ricordo di quanto lessi quando ero un piccolo adolescente.Era un libro sugli orrori a Treblinka e sulla speranza di ogni persona ebrea di essere la prescelta per la sfilata finale a Berlino. Il führer ne voleva almeno un esemplare, l'ultimo, per la mostra. Così delle volte mi pare di vivere la contamporaneità in cui sento troppe persone che vorrebbero essere le prescelte, senza curarsi delle cose-che-non-vanno nè possono-andare. Un modo per inverare, viste le condizioni di discreto benessere che fungono da demotivazione secondo la legge della 'crescita' studiata da Luca Ricolfi, anche all'ovest, il Peking Consensus. Il motto dell' essere di oggi, giugno 2014, potrebbe essere Libertà, Uguaglianza, Culturalità. Dove culturalità contiene sia la fratellanza e solidarietà e sia i media espressivi, internet. Culturalità come eterogeneità e frammentarietà della species che costituiscono il genus. Un genus che porta e comporta all'accesso espressivo del cittadino la cui cittandinanza sta proprio nella cultura e culturalità. E l'accesso alla cultura diventa <diritto sociale>, sia nel fare attivo e sia nel fare passivo. Non è facile padroneggiare queste significanze e di certo è materia ostica per il "burocrate" e così pure per il "politico" che va a caccia di tecnicalità per implementare il suo consenso. Dimenticando così la sua implicita pratica abdicante.
Il senso di un dispositivo giuridico-amministrativo in fatto di cultura è di permetterne l’accesso. É di ricordarsi altresì la questione della sussidiarietà. Ci vuole fra gli ingredienti qualche cosa che ha poco a che vedere con la tecnicalità quanto piuttosto con la prudenza e la lungimiranza. Non era affatto lungimirante ed era altamente discriminatorio pretendere, pena il divieto di accesso a priori, che chi presenta progetto debba avere almeno il 25% oppure il 50% del budget proposto o richiesto in cash. Lo sanno tutti che i poveri non vivono nell’hotel 5 stelle, non ci vuole molta tecnicalità! Oggi ci dicono di quantificare l’apporto in termini di numerario. Un passetto avanti ma anche la prova che dell’economia del dono i nostri dirigenti ne sanno ben poco. Preferiscono utilizzare alcuni parametri dell’ideologia dell’aziendalizzazione. Più facile, sicuramente meno lavoro, rispetto a quello necessario per costruire tabelle con indicatori e indici di valutazione e di pesatura delle attività che si donano. Eppure non è poi così difficile!!! Così diventa più comodo mantenere la rendita monopolistica per un ‘pubblico’ sempre alla corda e sempre vincente con la propaganda della lesina: “non ci sono soldi” – per noi si intende, cioè per i cittadini della culturalità. Così si mette in passivo la cittadinanza culturale. Quella digitale è un po’ più difficile da ostacolare perché gli accessi sono meno costosi anche se danno meno risultati in termini di coesione sociale. Poi in Italia il 34% delle famiglie non ha mai utilizzato il web. La media europea è solo del 21%. Abbiamo un gap negativo di ben 13 punti%. Non pochi. E se il pubblico – come purtroppo fa anche la UE, assurgendo a cattiva maestra – si mette anche a regolamentare le partnership limitandone la flessibilità, la snellezza, la precarietà stessa, la compliance, la amichevolezza, la voglia di dare una mano che sono i determinanti che producono valore aggiunto, esattamente al contrario di quanto pensa la burocrazia e l’istituzione. Se poi si ha paura delle troppe associazioni presenti sul territorio – che è come dire che si ha paura degli altri – va ricordato che la politica ha strumenti propri per incidere su queste realtà in maniera decisamente importante. Si tratta di mettere mano all’organizzazione, magari con l’impresa rete, magari con la fondazione di partecipazione (beninteso capaci di rispettare la capacità oblativa e non esclusivamente quella finanziaria)….. ma sono cose che danno poco agio agli apparati tradizionali. E se poi si cominciasse a definire che il territorio è fatto da organizzazioni come gruppi e associazioni e non da istituzioni che già hanno altri loro canali di incentivazione o contribuzione… vedremo meno confusività.
Augusto Debernardi
Associazione Iniziativa Europea