Un disegno economico non troppo utopico per Trieste: PORT OF CALL
Parliamo tanto – troppo – dell’ex teatro auditorium perché più piccolo del Rossetti (!?) e in totale disarmo mentre nella non lontana Venezia si sta facendo largo un’opinione diffusa di vietare il transito alle grandi navi da crociera. Basta grandi navi a Venezia!! Bateaux blancs, che rappresentarono non molti anni fa Trieste a Parigi con “Trouver Trieste”. Sentiamo sempre parlare del porto, così, come bega fra combriccole o, se ci buttiamo nei lati oscuri della storia, come declino collettivo imposto dalle potenze straniere. O come possibile volano di speculazioni. Intellettuali e intelligenze italiane dicono basta scali a Venezia dei bianchi e grandi battelli. Allora, è proprio un delirio ipotizzare Trieste come “port of call”? Certo, alcuni equilibristi del potere tombolerebbero così come la delusione o terrore di tutti quanti sono avvezzi al tran- tran. Quattromila persone a scalo, più o meno, significherebbero una spinta economica di non poco conto. Una quindicina di aerei ad imbarco, logistiche in azione. Nuove relazioni con i territori confinanti (albergaggi). Basterebbe trovare una politica che sappia circondarsi di persone competenti – due o tre – per attrarre armatori e per tutelarle dal fuoco di sbarramento dei ricorsi al tar da parte dei vari funamboli del potere e della conservazione reazionaria. Altri imprenditori , invece, verranno e seguiranno. Il prossimo eataly annunciato all’ex magazzino vini potrebbe essere un’attrazione grazie al marchio Italia, etc… etc… E magari l’ex auditorium – già casa del fascio, già sede del governo militare alleato - potrebbe diventare qualche cosa di nuovo, segno e dispositivo di sviluppo per i nostri giovani. Come l’idea generale del “port of call”. Un sogno realizzabile.
Augusto Debernardi, sociologo clinico
Associazione Iniziativa Europea