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MORTE DEL PROSSIMO e NEGAZIONE DELLA COMPLESSITA' NELLA SCUOLA


La morte del prossimo

Siamo a Natale: di solito ci si impone di stare buoni. Non so se ci riesco. Fra “gioco dell’oca”, pieno di simbolismi e della centralità del numero 9, indicato da Del Campo come metafora della situazione politica dell’Italia (sorvolo sulle proposte di riforma costituzionale come se fossero state di per sé “avanzate”) e sull’etica minima riferita alle giravolte comportamentali dell’ex presidente del consiglio osservo che il salvataggio – ma non sembra che tutti i conti siano stati fatti con l’oste, ovvero la UE – della banca MPS immettendo altri miliardi di soldi pubblici non faccia sperare bene. Sembra più una specie di lancio di dadi la cui somma numerica da 9 e permette ai “soliti noti” di procedere spediti. Senza pagare pegno. Sembra che AD, Dirigenti, Funzionari, sia della banca e sia degli organi di vigilanza come banca d’Italia e Consob non abbiano nemmeno una ritenuta del quinto dei loro emolumenti né dei premi. Altro che minimalismo dell’etica! Non è che siamo impazienti – come suggerirebbe l’idea dell’etica minima - è che ci stiamo stufando, cosa molto diversa e dunque come minimo diventiamo più sensibili alle ingiustizie, al malaffare ed ai comportamenti improntati alla stupidità. Ci cacciamo nella resilienza per non uccidere del tutto il nostro prossimo. Ci pensano ben altri ad ucciderlo.

Augusto Debernardi

22 dic 2016 (Pubblicato su IL PICCOLO)

LA COMPLESSITA' RISOLTA CON UN PO' DI PREMI

Non penso che la “scuola” sia un’”azienda” ma visto e considerato che tutto è diventato “azienda” dalla famiglia agli ospedali, dagli enti pubblici alle banche, dalla ex Fiat alla Charitas - mentre sembra che ciò che nella mia mente erano aziende, ovvero le imprese, sia diventato un oggetto così mobile da delocalizzarsi e fare a meno del fattore di produzione lavoro (a proposito la disoccupazione giovanile passa al 39,4% ovvero + 1,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente)- possiamo tranquillamente adeguarci alla moda lessicale. Del resto azienda poggia su quella vecchia parola latina “facienda”, cose da farsi. Resto memore, ricordando le prime lezioni universitarie di economia aziendale, della definizione di azienda come organizzazione di beni, capitali e persone col compito di produrre e dispensare beni e servizi per soddisfare le esigenze della società in cambio di profitto. Oddio il profitto! Già. Perché è il metro concreto dell’efficienza dell’azienda. La stessa sanità ha dovuto inventarsi i drg per far quadrare i ragionamenti ovvero per far “capire” i costi delle varie cure delle varie malattie per ogni ricovero. E la scuola? Intanto vediamo che gli studi indicano una correlazione positiva fra buona gestione (rispetto alle risorse assegnate o che si sono reperite) e i risultati (promozioni e non abbandoni). Ma gli stessi indicano che il fattore “selezione degli studenti” conta moltissimo nel raggiungimento di esiti positivi. Poi ci sono altri due fattori importanti: l’accountability dei dirigenti scolastici ossia la responsabilità per i risultati conseguiti o non conseguiti; dall’altro, la loro capacità di leadership, che si estrinseca nella definizione di una strategia coerente di lungo termine. Due fattori che erano, sono e saranno sempre proprietà di ogni docente e non solo del “dirigente scolastico”. Insieme alla loro abilità o meno di instaurare relazioni confacenti con gli allievi o discepoli. Per quanto concerne la loro competenza la diamo per scontata. E non sempre ci azzecchiamo. Come non sempre ci azzecchiamo sostenendo che tutto sia riconducibile all’azienda, specie valutando quei premi esigui dati agli insegnanti – i cui contratti languono – e vedendo che in molti istituti si fa di tutto per non mettere in evidenza i “premiati”. Scusate ma il cosiddetto merito – perché i premiati avranno sicuramente uno o più meriti - non dovrebbe essere additato e pubblicizzato?

Augusto Debernardi (sociologo clinico)

(Pubblicato)

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